La fine del Governo Draghi I: quali scenari per il PNRR

La fine del Governo Draghi e della legislatura pongono diversi interrogativi sull’attuazione del PNRR, ovvero sulla capacità del nostro Paese di mettere a terra investimenti e riforme necessari al conseguimento dei traguardi e degli obiettivi concordati con l’Unione europea, al rispetto dei quali è subordinata l’erogazione delle risorse. Il Presidente Draghi è stato chiaro nel suo discorso di ieri al Senato: “tutto questo richiede un Governo davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli”. È indubbio che il nostro Paese si troverà, almeno fino ad ottobre, a non avere nessuno di questi due elementi che consentono un’azione amministrava rapida ed efficace.

Al momento in cui viene scritto questo pezzo, il Presidente Draghi ha riferito al Presidente Mattarella sulla discussione in Senato e ha reiterato le sue dimissioni irrevocabili. Il Presidente della Repubblica ha preso atto delle dimissioni del premier e del governo e ha invitato Draghi e l’esecutivo a restare in carica per il «disbrigo degli affari correnti».  Una nota di Palazzo Chigi attesa nei prossimi giorni chiarirà se il PNRR rientra o meno tra questi. Infatti, il «disbrigo degli affari correnti» non è un istituto giuridicamente vincolante e quanti e quali poteri spettino al Governo e al Parlamento in tale situazione è un punto su cui si concentra il dibattito tra gli esperti e giuristi in questi giorni.

Secondo Francesco Clementi, professore di Diritto pubblico comparato all’Università di Perugia, il governo dimissionario avrà di fatto le mani legate sul prosieguo dell’attuazione del PNRR. Tra i 55 adempimenti da raggiungere entro la fine di dicembre, ci sono infatti diversi decreti attuativi, ossia provvedimenti che il Governo deve adottare per rendere effettive le misure contenute nelle riforme; compito che si preannuncia non facile con un Governo dimissionario e un Parlamento sciolto. È il caso, ad esempio, della riforma della giustizia che si articola in tre riforme su processo penale, processo civile e contenzioso tributario. Sui primi due il passaggio parlamentare c’è già stato, ma bisogna approvare i decreti attuativi della delega. Oppure la riforma degli ITS che richiede l’approvazione di ben 19 decreti attuativi. A ciò si aggiunge il fatto che i disegni di legge non approvati decadono con lo sciogliersi delle Camere e con la nuova legislatura si ricomincia tutto da capo. Alla luce di queste considerazioni, viene difficile immaginare raggiungibili le scadenze previste entro dicembre 2022.

Di opinione diversa invece sono due ex presidenti della Corte costituzionale. Giovanni Maria Flick ha sottolineato il 17 luglio a Repubblica che «La situazione è complessa, ma a questo punto ritengo sia possibile, ragionando in termini di pura logica e buon senso, che […] il Parlamento anche se sciolto può convertire un decreto-legge in legge e cioè può convalidarlo». Allo stesso modo, il 18 luglio, in una intervista a Il Messaggero, Cesare Mirabelli, ha spiegato che il governo, vista la fiducia che gode in Parlamento, potrà comunque adottare i vari provvedimenti necessari per rispettare i vincoli previsti dal PNRR.

Ma il discorso non è solo giuridico e legato ai decreti attuativi che il Parlamento riuscirà o meno ad approvare. A rischio ci sono anche molte delle scadenze previste per dicembre 2022 e riferibili agli investimenti del Piano. Anche se formalmente l’attività amministrativa ordinaria può andare avanti e le strutture tecniche previste dal DL 77/2021 per l’attuazione del PNRR rimarranno in carica fino al 2026, è difficile che con un governo dimissionario i ministeri lavorino a pieno regime come è stato in questi ultimi mesi. In tale contesto i dossier più delicati riguardano i 16 obiettivi (target) da raggiungere entro la fine dell’anno.

Si tratta ad esempio dell’identificazione dei progetti beneficiari per l’installazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni ad uso agricolo o agroindustriale, con un valore totale pari almeno al 30% delle risorse finanziarie assegnate, così come del finanziamento delle imprese turistiche beneficiarie dei fondi integrati PNRR, o del finanziamento di 300 borse di studio per progetti presentati dai giovani ricercatori. Particolarmente sfidante appare poi il completamento, per almeno 250 centri per l’impiego (PES), di almeno il 50% delle attività previste nel piano di potenziamento nel triennio 2021-2023, ma anche la realizzazione da parte degli Ambiti territoriali sociali di almeno un progetto relativo alla ristrutturazione degli spazi domestici e/o alla fornitura di dispositivi ICT alle persone con disabilità. E ancora la messa a disposizione di 35 servizi supplementari sul sito web istituzionale dell’INPS, passando per la valutazione di almeno 4.250 dei suoi dipendenti, concludendo con l’aggiudicazione di tutti gli appalti previsti per i porti verdi e con la piantumazione dei 1,65 milioni di alberi per il rimboschimento delle aree urbane ed extraurbane delle città metropolitane.

In questo contesto di incertezza, OReP continuerà, come Osservatorio libero e indipendente, a monitorare lo stato di attuazione del Recovery Plan e a svolgere la propria attività istituzionale per tutti i partner e utilizzatori dei servizi erogati.