Gestione e controllo del PNRR: punti di contatto con le politiche di coesione

Riproponiamo l’articolo di Giorgio Centurelli, pubblicato il 28 ottobre 2021 su Forum PA

Se guardiamo alla governance attuativa dei fondi strutturali e del PNRR, emergono molti parallelismi, pur essendo di fronte a due strumenti finanziari molto differenti tra loro. Ci sono, inoltre, meccanismi già rodati che potrebbero essere utilmente ripresi dal mondo Recovery, avvantaggiando il concreto raggiungimento di una comune finalità: la ripresa e la crescita dell’Unione Europea. Ecco cosa emerge dal confronto tra PNRR e politiche di coesione.

Le modalità di gestione del bilancio UE

Il Regolamento finanziario dell’Unione Europea, e da ultimo il Regolamento 1046/2016, stabiliscono che la Commissione Europea esegue il bilancio UE con le seguenti modalità: a “gestione diretta”, ossia attraverso i suoi servizi o tramite agenzie governative, a “gestione concorrente” con gli Stati Membri e in via residuale a “gestione indiretta”, ovvero affidando compiti di esecuzione ad altri soggetti, come paesi terzi od organismi da questi designati, la Banca europea per gli investimenti (“BEI”), il Fondo europeo per gli investimenti (“FEI”) o organismi di diritto pubblico o privato.

Pertanto, le modalità di esecuzione di strumenti o iniziative finanziarie, comprese quelle rivolte alle politiche di investimento pubblico, seguono regole e processi specifici a seconda della categoria di appartenenza.

In questo contesto, i fondi a “gestione diretta” vengono attuati con regole stabilite da Regolamenti comunitari e gestiti, come detto, direttamente dai servizi competenti della Commissione. Si instaura quindi un rapporto diretto tra i beneficiari del contributo comunitario e la Commissione Europea, che li seleziona di norma a seguito della presentazione di istanze in specifiche chiamate a progetti, nell’ambito di Programmi la cui titolarità resta in capo alla stessa Commissione.

Fondi a gestione concorrente: le politiche di coesione

Il mondo delle politiche di coesione rientra invece nella categoria dei fondi a “gestione concorrente” con gli Stati Membri; ciò ha comportato la definizione di regole di ingaggio specifiche e spesso molto complesse, attraverso le quali vengono definiti gli strumenti strategici e programmatici, come l’Accordo di Partenariato ed i Programmi Operativi, adottati con decisione comunitaria a seguito di un preciso negoziato, ma anche le regole e le modalità con cui questi fondi devono essere attuati e concretamente realizzati.

Ad esempio, i fondi strutturali europei richiedono che ogni Stato Membro si doti di una specifica organizzazione, adattandola a quella prevista dai singoli ordinamenti giuridici, specificandone ruoli, funzioni e processi basici, ma lasciando libero il dettaglio delle specifiche procedure organizzative.

Il sistema di gestione e controllo dei Programmi operativi

Per ogni Programma Operativo viene quindi richiesta la definizione e l’esplicitazione di un “sistema di gestione e controllo” (Si.Ge.Co.), finalizzato a descriverne l’organizzazione, gli strumenti, le procedure ed i processi adottati per la relativa attuazione, al fine di fornire alla Commissione Europea la garanzia di regolarità e correttezza dei finanziamenti erogati per la realizzazione dei progetti attuati nell’area geografica di pertinenza al sostegno dei fondi UE.

Appaiono quindi, nel mondo delle politiche di coesione, soggetti amministrativamente fuori dal nostro quadro giuridico, come l’Autorità di gestione (AdG), soggetto responsabile del Programma, l’Autorità di Certificazione (AdC), responsabile dell’invio delle domande di pagamento alla Commissione Europea – che nel periodo di programmazione 2021-2027 sarà sostituita dalla “funzione contabile” – e l’Autorità di Audit (AdA), che svolge funzioni dirette a garantire la “tenuta” del sistema, operando con standard internazionali di controllo e relazionando sul funzionamento del sistema per ogni periodo contabile di riferimento.

Sono inoltre introdotti termini come “beneficiari”, soggetti che, secondo principio generale, danno avvio o avvio ed attuazione all’operazione; si parla di “domande di pagamento” e “certificazione della spesa”, ma anche di “presentazione annuale dei conti”, oltre che, ovviamente, di “controlli di primo livello”, “controlli sul posto”, “audit” (di sistema, delle operazioni, dei conti) “analisi di rischio”. Si sviluppa dunque una precisa tassonomia, particolarmente attenzionata nel periodo di partenza di ogni Programma Operativo: si pensi solo che, nel periodo 2014-2020, il sistema di gestione e controllo rientrava nel processo di “designazione” delle Autorità di Gestione e Certificazione, di competenza di un organismo indipendente -in Italia delle Autorità di Audit -, al cui esito era subordinato l’invio della prima domanda di pagamento intermedio, ossia la rendicontazione alla Commissione Europea per ottenere il rimborso delle risorse UE.

Recovery and Resilience Facility e PNRR: uno strumento a “gestione diretta”, ma con molte novità

Quanto sopra descritto vale per i programmi a “gestione concorrente”, non per quelli a “gestione diretta”, nei quali, come detto, tutta la responsabilità resta in capo ai servizi della Commissione Europa, tenuti ad attuare gli strumenti senza il contributo dello Stato Membro. Ma con il Recovery and Resilience Facility le cose si sono fatte decisamente più complesse, considerando che questa iniziativa è espressamente inclusa all’interno degli strumenti a “gestione diretta”[1]: i Piani di ripresa e di resilienza sono quindi considerati alla stregua di singoli Progetti, il cui beneficiario è lo Stato Membro.

La prima proposta del Recovery and Resilience Facility non introduceva elementi di dettaglio sulle procedure sottostanti il raggiungimento di target e milestone; tutto era concentrato sulla novità dello strumento che, in quanto “facility” attuabile attraverso una modalità “perfomance based” (si citava espressamente il “finanziamento non collegato ai costi” di cui all’art. 125.1 lettera a) del Regolamento finanziario, attivabile anche per i Fondi strutturali[2]), avrebbe lasciato liberi i soggetti dalla verifica sulle spese sottostanti (in particolare come controlli ed audit aggiuntivi), vincolando il rimborso al soddisfacente conseguimento dei target e milestone concordati.

Ciononostante, la versione finale del Regolamento 241/2021, in particolare l’art. 22, introdotto ad esito della procedura legislativa ordinaria UE, ma ancor di più le raccomandazioni della Commissione Europea nel corso dei negoziati con gli Stati Membri, hanno aggiunto ulteriori livelli di dettaglio, anche procedurale, riguardo l’attuazione dell’iniziativa.

Le Linee guida della Commissione europea: cosa prevedono in tema di gestione e controllo

È vero che l’art 22.1 del Regolamento (UE) 2021/241 specifica che per l’attuazione dello strumento si debba fare affidamento ai sistemi di controllo interno di ciascuno Stato Membro, che devono pertanto essere sufficientemente solidi da tutelare gli interessi finanziari dell’Unione ed in particolare devono prevenire, individuare, segnalare e correggere efficacemente le frodi, la corruzione e i conflitti di interessi; tuttavia le Linee Guida della Commissione Europea di gennaio 2021[3] raccomandano, per quanto possibile e opportuno, che gli Stati Membri si avvalgano dei sistemi di gestione e controllo nazionali già esistenti e dei relativi organismi, come quelli utilizzati per altri fondi dell’UE.

Le Linee Guida precisano inoltre che ogni Piano debba descrivere chiaramente i ruoli e le funzioni dei soggetti coinvolti nella sua attuazione, individuando gli organismi o le entità responsabili di garantire il controllo e l’audit, nonché di prevenire, individuare, segnalare e affrontare gravi irregolarità, frodi, conflitti di interesse e corruzione; devono inoltre essere forniti dettagli sulla capacità amministrativa ed informazioni su misure e procedure messe in atto per garantire che il diritto nazionale e dell’Unione applicabile sia rispettato durante l’attuazione di tutte le operazioni nel quadro dello strumento. In altre parole, deve essere definito e valutato uno specifico sistema di gestione e controllo.

Si ritrovano quindi, in uno strumento diretto “performance based”, elementi di gestione tipici di programmi di spesa a gestione concorrente, come specificatamente illustrato nella Parte 3 del Piano nazionale di ripresa e resilienza[4].

PNRR: similitudini e differenze con le politiche di coesione

Le funzioni di vigilanza e monitoraggio

Certo l’attuazione dei singoli interventi è a carico delle Amministrazioni centrali, delle Regioni e degli enti locali (che nel PNRR sono indicati come “soggetti attuatori”) e non dei “beneficiari”[5], sulla base delle competenze istituzionali, tenuto conto del settore di riferimento e della natura dell’intervento, ed avviene con le strutture e le procedure già esistenti. Tuttavia, ogni investimento e riforma è assegnato alla responsabilità di “Amministrazioni centrali titolari di interventi PNRR”, ossia Ministeri o Strutture dipartimentali della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, alla stregua di “Autorità di Gestione” dei fondi strutturali, svolgono funzioni di vigilanza sulla corretta adozione dei criteri di selezione delle azioni in coerenza con le regole e gli obiettivi del PNRR, nel rispetto delle condizionalità previste, nonché attività “di supporto nella definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione di programmi e progetti cofinanziati ovvero finanziati da fondi nazionali, europei e internazionali, nonché attività di supporto all’attuazione di politiche pubbliche per lo sviluppo, anche in relazione alle esigenze di programmazione e attuazione del PNRR”[6] ma anche, per alcuni versi, funzioni contabili interne.

Target e milestone come criterio di attuazione del PNRR

Anche nel PNRR i progetti possono essere “a regia”, ossia selezionati sotto la responsabilità dell’Amministrazione centrale titolare di interventi PNRR o direttamente attuati dalla stessa (“a titolarità”), ma il fil rouge che regge tutto il processo è il raggiungimento dei target e milestone: una spesa efficiente e regolare, se non conduce al conseguimento degli obiettivi convenuti, non consente di ottenere il rimborso comunitario. Bisogna inoltre considerare che l’attuazione dei Progetti PNRR sottostà anche al rispetto di condizionalità specifiche, tra cui il principio del “do no significant harm” (DNSH), del tagging climate e digital.

Un punto di contatto nazionale con la Commissione europea: il “Servizio Centrale per il PNRR”

Per l’attuazione del PNRR è stata istituita, presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – una nuova Direzione Generale, denominata “Servizio Centrale per il PNRR”[7], che rappresenta il punto di contatto nazionale con la Commissione Europea ai sensi dell’articolo 22 del Regolamento (UE) 2021/241. Il Servizio Centrale presenta infatti le “richieste di pagamento” ad esito di un processo per alcuni versi similare a quello svolto dalle Autorità di Certificazione dei Programmi Operativi, ma accentrato in un unico soggetto nazionale e con fondamentali compiti di presidio del processo attuativo dell’intero Piano, tra cui quelli di coordinamento operativo, monitoraggio, controllo, rendicontazione e gestione finanziaria.

Le richieste di pagamento

A differenza dei fondi strutturali, nel PNRR manca la presentazione annuale dei conti; ma tutte le “richieste di pagamento” dovranno essere sempre accompagnate da una “dichiarazione di gestione” e da una “sintesi degli audit effettuati”, che comprenda le carenze individuate e le eventuali azioni correttive adottate”[8].

L’organismo di Audit

Inoltre, come per le politiche di coesione, anche nel PNRR è stato istituito, presso l’Ispettorato generale per i Rapporti finanziari con l’Unione europea (IGRUE) del Ministero dell’Economia e delle Finanze – che quindi già ricopre questo ruolo per i fondi strutturali, svolgendo anche un’attività di coordinamento ed indirizzo in materia -, un Organismo di Audit[9] ai sensi dell’articolo 22 paragrafo 2, lettera c), punto ii), del Regolamento (UE) 2021/241. Tale organismo opera in posizione di indipendenza funzionale rispetto alle strutture coinvolte nella gestione del PNRR e si avvale, nello svolgimento delle funzioni di controllo relative a linee di intervento realizzate a livello territoriale, dell’ausilio delle Ragionerie territoriali dello Stato.

Conclusioni

Senza entrare ulteriormente nel dettaglio delle procedure e dei processi, che potrebbero da soli costituire una trattazione ad hoc, la comparazione sopra esposta – e limitata alla governance attuativa – sembra evidenziare molti parallelismi tra il mondo dei fondi strutturali e quello del Recovery. Esistono utili meccanismi già rodati che sarebbe opportuno riprendere dai fondi strutturali ed occasioni di semplificazione, ad esempio di tipo procedurale, con potenziali effetti positivi anche nei confronti delle politiche di coesione e non solo con riferimento alla normativa interna, ma anche a quella europea che potrebbero essere ripresi dal mondo Recovery. In altre parole, due strumenti finanziari molto differenti tra loro, possono beneficiare di forme positive di contaminazione, come poche volte è accaduto in passato tra iniziative dirette e concorrenti, circostanza che può solo avvantaggiare il concreto raggiungimento della loro comune finalità: la ripresa e la crescita dell’Unione Europea.


[1] art. 8 del Regolamento UE 241/2021

[2] Cfr. Centurelli “La nuova strategia dei fondi comunitari: verso Programmi orientati ai risultati” su FPA

[3] cfr. “Commission staff working document guidance to Member States Recovery and Resilience Plans“ – Part 1 – SWD(2021) 12 final del 22.01.2021

[4] cfr. pagg. 236 e ss. del Piano nazionale di ripresa e resilienza

[5] I beneficiari nella Recovery and Resilience Facility sono solo gli Stati Membri (considerato 18 e art. 22 del Regolamento (UE) 2021/241

[6] Art. 8 comma 3 del decreto legge 31 maggio 2021 n. 77, convertito in legge 29 luglio 2021, n. 108.t. 8

[7] Art. 6 del decreto legge 31 maggio 2021 n. 77, convertito in legge 29 luglio 2021, n. 108.t. 8

[8] art. 22.2 lettera c del Regolamento UE 241/2021

[9] Art. 7 del decreto legge 31 maggio 2021 n. 77, convertito in legge 29 luglio 2021, n. 108.t. 8