Contributi al dibattito sul futuro della coesione europea

Nel dibattito sul futuro dele politiche di coesione europea si inserisce il contributo di Laura Polverari sul Sole 24ore

La Commissione europea ha proposto un cambiamento strutturale del bilancio 2028-2034: si andrebbe verso un Fondo unico che raggrupperebbe diversi strumenti, inclusi la politica agricola comune e la politica di coesione, gestito in modo centrallizzato e orientato agli obiettivi. In pratica, la coesione non verrebbe più attuata tramite una pluralità di programmi regionali e nazionali, ma tramite un unico Piano per ogni Stato membro, con eventuali capitoli regionali o tematici. L’Italia passerebbe da 47 programmi a un solo Piano nazionale. L’obiettivo dichiarato è aumentare efficacia, efficienza, flessibilità e capacità di rispondere alle nuove sfide.

Ma ci sono note di cautela e dubbi importanti. Innanzitutto, non ci sono prove chiare che il nuovo modello sia effettivamente più efficace: pagare sulla base di milestone e target non garantisce automaticamente i risultati socioeconomici voluti, e i PNRR restano in corso di attuazione mentre non è sempre chiaro quale sia il destino finale delle risorse. Inoltre, il sistema basato sui risultati ha creato nuove complessità e non ha necessariamente semplificato le procedure.

Poi c’è la questione della governance: i PNRR hanno mostrato una partecipazione limitata degli attori subnazionali e degli stakeholder; centralizzare la governance rischia di ostacolare un reale partenariato locale nonostante i riferimenti al Codice di Condotta. Resta anche aperta la sfida di coniugare flessibilità per crisi contingenti con cambiamenti strutturali nelle regioni più svantaggiate e nelle aree interne, e manca una voce di bilancio dedicata al riequilibrio territoriale, che potrebbe mettere a rischio gli obiettivi dell’articolo 174 TFUE.

Infine, c’è incertezza sull’efficacia delle valutazioni ex post dei programmi 2014-2020 e su come le evidenze finora disponibili guidino le scelte future. Politicamente, si teme che processi ambiziosi possano non tradursi in risultati concreti sul territorio, alimentando delusione e potenziali tensioni politiche.

In termini positivi, però, l’idea è di ridurre frammentazione, migliorare l’uso del principio del single audit, rafforzare le sinergie tra politiche e legare più strettamente investimenti e riforme. Se la riforma dovesse andare avanti, potrebbe anche significare un aumento delle risorse complessive. Rimane cruciale mantenere il focus sugli obiettivi di giustizia sociale e territoriale.